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“Studiate le rocce e avete la barba”: una riflessione sul calo delle iscrizioni a geologia

di: Giampiero Gabrielli
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Molti attribuiscono il declino del numero di iscritti ai corsi di geologia al ruolo dell’università e degli ordini professionali. Si sostiene che l’accademia non riesca più a stimolare l’interesse delle nuove generazioni e che gli ordini professionali non promuovano adeguatamente la figura del geologo. Tuttavia, la realtà è probabilmente più complessa e riflette dinamiche più ampie e globali.

In Inghilterra, ad esempio, negli ultimi decenni si è registrata una riduzione dell’offerta di corsi di geologia in molte università. Il motivo principale sembra essere la diminuzione delle opportunità lavorative nel settore petrolifero, spesso percepito come l’opzione più naturale per chi studia geologia. Rogers et al. (2024), nel loro articolo “you just look at rocks, and have beards”, evidenziano che molte persone, esterne al mondo della geologia, percepiscono la disciplina come noiosa, obsoleta e ambientalmente dannosa, con prospettive di carriera limitate e una visione fortemente maschile della professione. Questo articolo è stato messo in evidenza anche dalla Società Geologica Italiana, che ringraziamo per il supporto nella diffusione di queste importanti riflessioni. Le percezioni negative includono l’idea che la geologia riguardi semplicemente l’analisi di campioni di rocce, senza nulla di nuovo da scoprire, e la convinzione che il settore sia dominato da industrie estrattive dannose per l’ambiente.

Questo è forse uno degli ostacoli più grandi per la crescita della disciplina: l’immagine pubblica del geologo e della geologia è ancora legata all’esplorazione petrolifera, mentre il mondo si sta orientando sempre più verso soluzioni sostenibili e tecnologie green. Manca, però, una comunicazione efficace del ruolo cruciale che i geologi svolgono in ambiti come la gestione del territorio, la mitigazione dei rischi naturali, le bonifiche ambientali e la conservazione delle risorse idriche.

Questa crisi di identità e comunicazione della geologia è evidente anche nella difficoltà di definire cosa sia la geologia stessa. La geologia è una materia ampia, che include molteplici discipline. Ad esempio, lo stesso art. 41 del DPR 328/2001 è estremamente ampio e abbraccia una vasta gamma di competenze, che spaziano dall’analisi geotecnica alla gestione delle risorse naturali, comprendendo indagini e ricerche paleontologiche, petrografiche, mineralogiche, sedimentologiche, geopedologiche, geotecniche e geochimiche, oltre alla valutazione e gestione delle georisorse. Questo carattere interdisciplinare, che potrebbe essere la grande forza della disciplina, viene spesso comunicato in modo frammentato e inefficace, sia al pubblico che ai potenziali studenti.

Di conseguenza, la geologia viene ancora percepita come una disciplina troppo specifica, limitata allo studio delle rocce, e non si colgono pienamente i suoi contributi fondamentali alle sfide ambientali attuali e future. Questo cambio di narrazione si sta già attuando anche nella geologia professionale: eventi e conferenze organizzati negli ultimi anni ne sono un esempio concreto. Tuttavia, non si tratta di un processo rapido o semplice, soprattutto perché il vecchio modello è stato diffuso dai media per decenni a livello globale, rendendo difficile superare queste convinzioni radicate. È quindi fondamentale continuare a comunicare la geologia in termini più accessibili, evidenziando il suo impatto diretto sulla vita quotidiana e il suo contributo al benessere delle comunità.

La comunità dei geologi e le istituzioni stanno già rivedendo il proprio approccio per promuovere la disciplina, valorizzandone la dimensione sociale e il ruolo centrale in questioni come il cambiamento climatico, la sostenibilità e la sicurezza ambientale. Tuttavia, se questi sforzi non saranno portati avanti in modo deciso e coordinato, il rischio è che la geologia continui a essere percepita come una scienza del passato, priva del dinamismo necessario per affrontare le sfide del futuro.

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